Alessandro Cialdella

Osteopata

Dottore, perché le ossa fanno ‘crack’?

Dottore, perché le ossa fanno ‘crack’?

In condizioni normali nessuno di questi rumori è patologico, né tantomeno segno o sintomo di un qualsivoglia contatto osseo, soprattutto perché indolore

Il rumore articolare è esperienza comune, come per esempio ‘scrocchiare’ le dita, il ‘tac’ alla caviglia, o lo ‘scroscio’ a livello cervicale, e fomenta spesso paure infondate circa la degenerazione osteoarticolare.

In condizioni normali nessuno di questi rumori è patologico, né tantomeno segno o sintomo di un qualsivoglia contatto osseo, soprattutto perché indolore. Tale situazione è scientificamente denominata effetto cavitazionale per cui a causare il ‘crack’ è lo scoppio di alcune bolle di gas che si formano nel liquido sinoviale che lubrifica le articolazioni.

L’esplosione di queste bolle di gas non ha nulla a che vedere con il contatto delle superfici articolari né tantomeno può provocare un danno osseo o cartilagineo ma è piuttosto il sintomo della liberazione di gas nello spazio articolare. A stabilire questo effetto fisico è stata una recente ricerca dal titolo: ‘Pull My Finger’ (letteralmente ‘tira il mio dito’) pubblicata sulla rivista americana Plos one. Gli autori – tra cui il Dott. Gregory N. Kawchuk – hanno dimostrato che a causare lo scroscio delle dita è dato dall’esplosione di bolle di gas che si formano nel liquido sinoviale. Lo studio chiarisce che, quando le articolazioni subiscono dei movimenti dove i capi ossei si allontanano, si crea uno spazio dove non c’è fluido, che viene colmato da gas, che forma bolle gassose che scoppiando provocano il famoso ‘crack’. Per cui se le ossa fanno rumore senza dolore non c’è da preoccuparsi; se, piuttosto la cosa persiste in un determinato distretto corporeo, può essere sintomo di un accumulo di tensioni mio-fasciali che stanno modificando i rapporti ossei.

Lo stesso scroscio articolare può avvenire anche quando l’osteopata attua tecniche manipolatorie orientate a correggere una disfunzione meccanica altrimenti conosciuta come ‘blocco’ osteopatico (questo concetto sarà approfondito nel prossimo articolo).

Queste tecniche sono molto utilizzate dagli osteopati e vengono denominate Thrust o tecniche hvla (high velocity low amplitude) per cui, in tutta sicurezza, l’operatore concentra l’azione su un’articolazione attraverso la messa in tensione e applica una forza a grande velocità e bassa ampiezza per ottenere la correzione.

Tali tecniche non sono pericolose, ma vanno utilizzate con cautela in quanto esistono delle controindicazioni come lassità legamentosa, instabilità articolare e presunti stati osteoporotici. Sicurezza e buona riuscita della tecnica dipendono dalla precisa conoscenza anatomica dei piani di movimento articolare e dall’esperienza dell’operatore che, dopo una attenta ed accurata anamnesi è in grado di gestire i fattori di rischio, ma soprattutto che è in grado di applicare la forza rispettando il range di movimento articolare. Sottolineo che la tecnica articolare fine a se stessa non ha alcuna valenza terapeutica se non applicata nel contesto di un trattamento globale e con una visione olistica dell’individuo.

Le tecniche articolari per molto tempo hanno costituito la fama degli osteopati, ma ad oggi fanno parte solo del modello di trattamento biomeccanico, per cui non tutti gli osteopati ‘scrocchiano’, non è vero che solo i bravi osteopati sanno farlo.

Inoltre, il buon esito della manipolazione non dipende dalla presenza dello scroscio, che può esserci come non esserci, in quanto la manipolazione ha come unico intento quello di stimolare attraverso lo stiramento degli elementi capsulo-legamentosi un circuito neuro-muscolare che informa il sistema della nuova posizione ossea.
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